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Il Titolo

Aggiornamento: 31 ott 2022

Scegliere il titolo per un thriller è quasi altrettanto impegnativo che scriverlo, implica sottili valutazioni psicologiche: dire senza rivelare, suggerire senza lasciare intendere, manifestare atmosfere senza indulgere in suggestioni scontate.

Nonostante ciò, il nome scelto d’intuito per questo romanzo è piaciuto subito, in primo luogo all’editore che l’ha preferito bocciando tutte le alternative.

Tramite il titolo l’autore intende ispirare un transfert indotto da situazioni di coinvolgimento emotivo.

C’è l’oggetto: le gocce, c’è la materia: la cera, c’è il colore: il rosso e un numero: il 13.

In un thriller il rosso evoca il sangue di un’ipotetica vittima e la fiamma dell’eccitazione dell’assassino, i cui piani anche se offuscati da un sipario d’ombra, un po’ alla volta si svelano grazie a incongruenze, a contraddizioni, e a errori banali dove il male è l’ingrediente cardine e il demone ne è il suo artefice. Si muove nell'ombra perché se venisse individuato il suo potere verrebbe annullato e per svolgere il suo compito agisce insinuando i semi della tentazione che agli occhi dell'uomo si presenta sempre come seducente e irrinunciabile. Il cristianesimo per tradizione propone l’immagine del demone con tratti animaleschi che richiamano altre divinità pagane: il celtico Cernumnos, con palchi ramificati da cervo, l'etrusco Tuchulcha, con becco ricurvo, ali da avvoltoio e serpenti al posto di capelli. Nel Buddismo il male è rappresentato da Mara, che cercò prima di sedurre Siddharta tramite l'apparizione tentatrice delle sue tre figlie, e poi di terrorizzarlo con l'apparizione di dieci eserciti di esseri mostruosi. Nell'Islam il diavolo è Iblïs, secondo il Corano fu maledetto quando dopo aver creato Adamo dall’argilla, Dio gli impose di prosternarsi in segno di rispetto per il dono del libero arbitrio che Lui aveva concesso agli uomini, ma fu l'unico a rifiutare e a ribellarsi.

Nel nono canto dell'Inferno Dante e Virgilio entrano a Dite, la città del male, qui nel settimo cerchio, scontano la loro pena gli omicidi, immersi nel Flegetonte un fiume di sangue bollente che rappresenta il sangue che essi sparsero in vita e che nell'Inferno per contrappasso costituisce l'elemento della loro sofferenza. Il verso conclusivo dell’Inferno “E quindi uscimmo a riveder le stelle” per un giallista sta a indicare la consapevolezza di aver visto il colpevole condannato alla severa pena comminata, cha adempie anche all’aspirazione morale di una giustizia umana e da

nell’attenuazione del dolore provocato da quel male che cosaì è reso un po’ più sopportabile.

Le gocce rappresentano un fattore casuale, un elemento che per sua natura è quasi sempre imprevedibile o incidentale, cadono senza alcun controllo, a volte piacevoli come una pioggia primaverile altre volte l’inventiva umana è riuscita ad applicarle in un impiego orrendo, infliggere con la macchina della goccia cinese, una tortura terribile che fa impazzire il condannato.

La cera materia plastica, calda quando è fusa e si adatta alle superfici si attacca e si modella.

Il suo uso, alternativo a quello delle lucerne ad olio, durato per millenni ha permesso di illuminare anche ritualmente i momenti drammatici

Si suppone che le gocce di cera che compaiono nel romanzo provengano da una candela, una fonte di luce che conduce a formulare un sospetto, alla sua verifica e alla fine alla giusta interpretazione.

In certe pratiche rituali la candela risulta essere di primaria importanza: colore, orientamento, simbolismo ne fanno un tramite indispensabile per collegarsi con il soprannaturale. Il gesto augurale di soffiare sulle candeline della torta il giorno del compleanno ha un’attinenza legata al culto Artemide, la dea della Luna. Si ritiene che nel momento delle celebrazioni la fiamma tenesse lontani gli spiriti maligni e che il fumo emanato dalle candele, una volta spente, potesse portare fino al cielo i desideri dei devoti: ancora oggi d’altronde siamo soliti esprimere un desiderio poco prima di spegnere con un soffio le candeline.

La tradizione protratta così a lungo ci conferma che anche in questo semplice rituale si cela un atto che trascende la mera apparenza. La candela rappresenta quindi una sintesi simbolica della vita: si vive invecchiando (progressivo scioglimento) e alla fine si muore (spegnimento), in essa si costituisce una sintesi perfetta fra materia e trascendenza. Se la cera vergine che la forma sta ad indicare il corpo, la fiamma che la brucia simboleggia lo spirito che si distacca e si eleva nel tentativo di raggiungere un’altra dimensione.

Il numero 13 l’elemento più determinante e significativo. Per la dottrina karmica rappresenta la morte, la trasformazione e la rinascita, nella numerologia occulta, una branca dell’esoterismo, rappresenta il termine di un ciclo e nella geometria sacra, un linguaggio universale che descrive il funzionamento interno della Natura e l'ordine intrinseco dell'Universo, raffigura l’eterno processo di distruzione e creazione della vita.

A detta di un amico psicologo le parole del titolo, messe in progressione catturano l’attenzione e suscitano curiosità, galleggiano sul fiume della fantasia e richiamano significati personali, ricordi ancestrali e simbologie tribali.

È quello che succede al protagonista durante la prima notte di permanenza a palazzo Bergamin, le gocce di cera rossa creano una scia davanti alla porta della sua camera. Un allarmante segnale che andrebbe interpretato come presagio ostile e che sotto traccia, manifesta una presenza occulta e malefica.

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