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I saloni del palazzo

Aggiornamento: 8 nov 2022

La famiglia Bergamin, una casata dal nome inventato, ha costituito per secoli la punta di diamante dell’aristocrazia veneziana. I suoi membri sono stati insigniti in permanenza da responsabilità di governo o hanno ricoperto incarichi diplomatici, favorendo la politica estera della Serenissima caldeggiando alleanze militari e mercantili.

Come altre nobili famiglie veneziane anche i Bergamin avevano deciso che la loro residenza dovesse possedere i crismi di un palazzo prestigioso e degno del loro nome.

Nelle occasioni in cui i dignitari delle delegazioni estere si recavano in visita a Venezia, il loro rango imponeva che venissero accolti con il massimo lusso e i comfort godibili a quei tempi, il che poteva implicare l’ingaggio di cortigiane di alto rango per ammaliare e sedurre gli ospiti al fine di favorire i sodalizi politici e commerciali.


Le cortigiane di Giovanni Busi, detto Cariani, olio su tela, 1519
La ragazza con la veste bianca tiene tra le mani uno specchio, simbolo di vanità; la mezzana con il cappello di piume ha l’acconciatura a tremuli propria delle cortigiane. In primo piano è raffigurato uno scoiattolo, allegoria di avidità e sensualità.



Cortigiane alla Toletta di Paris Bordon, olio su tela, 1545 circa

Dunque, per la trama del thriller, gli ambienti di rappresentanza di palazzo Bergamin dovevano essere quanto di più scenografico e seducente riuscissi a immaginare basandomi su tipologie similari per epoca e rilevanza.


Il salone dei banchetti era adibito ad accogliere a tavola un numero adeguato di invitati e impressionarli con le decorazioni alle pareti, solitamente affrescate con scene allegoriche inneggianti alla forza e alla potenza militare di Venezia. Se Paolo Veronese avesse ricevuto un incarico del genere probabilmente avrebbe fatto ricorso a immagini mitologiche, ai leggendari Titani e alle loro lotte con gli dei dell’Olimpo; Tiepolo invece avrebbe utilizzato scenografie bucoliche intonate alla leggiadria dell’arredo settecentesco, lo stile in voga durante il regno di Luigi XV: il Rococò.


Il salone degli specchi costituiva l’altro ambiente dedicato all’intrattenimento e al divertimento: il ballo, il gioco delle carte o la semplice conversazione.

Divani sedie e poltrone di tutte le fogge con dorature in oro zecchino erano collocate in questo ampio salone, dove la caratteristica più evidente consisteva nella presenza di specchi e specchiere di varie forme e dimensioni. Uno sfolgorio abbacinante di ori, aumentato dal rifulgere delle luci delle candele dei numerosi lampadari e candelabri.

Gli specchi erano prodotti a Burano con una tecnica tassativamente segreta, visto che rappresentava uno dei monopoli più redditizi, almeno finché la corte parigina riuscì ad appropriarsene con uno stratagemma e in breve a migliorarne la produzione a costi più accessibili.

Dopo l’apertura delle rotte atlantiche la decadenza della Serenissima divenne evidente e anche questo smacco costituì un’ulteriore abdicazione del primato estetico, passato all’epoca di Maria de’ Medici dall’Italia alla Francia e perdurato fino ai tempi moderni, quando il Made in Italy ha riformulato l’immagine dello stile italiano e riequilibrato l’import-export del bello.

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